Nina era sempre stata una bambina speciale.
Era nata a Torino ma il legame con la Sicilia, terra dei suoi genitori, era rimasto sempre forte. Il padre aveva lasciato la Sicilia per inseguire altre opportunità lavorative ma, come tutti, del resto, ogni estate ritornava nella sua terra d’origine. Le estati di Nina, trascorse spensierate con i nonni, il canto assordante delle cicale, gli amici del quartiere e tutte le scorribande Nina non le aveva mai dimenticate. La nonna Antonina spesso la portava con lei in campagna a fare il pane. La sedeva in un cantuccio e le diceva di osservare attentamente qualcosa che un giorno sarebbe scomparso. I suoi gesti antichi, i rumori e poi i profumi, che da quei gesti sarebbero scaturiti, Nina li portava impressi nel cuore.
Riempì la prima valigia a portata di mano e prese il primo volo per Catania. Era inverno, la casa dei nonni chiusa, da quando erano venuti a mancare, le metteva un po’ di tristezza, ma spalancò le imposte facendo entrare il sole settembrino e la tristezza svanì. Aveva ormai da tempo maturato il progetto di prendersi cura della campagna che la nonna, prima di morire le aveva lasciata. Era un appezzamento molto grande con alberi di ulivo secolari e una piccola casa che un tempo era stata la casa dei mezzadri di un più ampio possedimento poi smembrato. Decise che avrebbe ricostituita la proprietà intera e ristrutturato la casa. Già l’indomani, dopo una notte passata finalmente serena, cominciò a prendere contatti e a cercare una ditta che ristrutturasse la casa. Iniziò così la sua nuova vita, con un trambusto di idee e di progetti che riuscì a portare a termine con successo. In paese tutti pensavano fosse matta. L’idea che qualcuno lasciasse il certo per l’incertezza più assoluta era per molti incomprensibile. Alla fine di ottobre ebbe il primo raccolto di olive e imbottigliò il primo olio purissimo della sua azienda “La restanza”. Ritrovò Ettore, amore fanciullo, mai scordato, che divenne ben presto il suo braccio destro. Nina era felice, i suoi studi le avevano permesso di mettere a frutto le risorse con nuove modalità imprenditoriali mantenendo inalterati i risultati qualitativi. Era un modo nuovo di occuparsi della terra, di fare un mestiere antico con meno fatica attraverso l’ottimizzazione delle risorse.
Aveva ragione la nonna: Nina studia!, ma poi torna, questa terra ha bisogno di giovani.
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